DELFINI NEL BELLUNESE

Pietre da mola, cavatori, delfini, molasse e Giorgio dal Piaz…. Cosa vuol dire tutto questo? Cos’è questo miscuglio di parole e nomi buttati apparentemente li a caso? Dovete sapere che queste parole e quel nome sono legate tra loro da una storia, storia che ha inizio nel primo Miocene (circa 23 Ma), passa per i primi del novecento e continua tutt’oggi. Senz’altro, ciò che sto per raccontarvi ha molti aspetti affascinanti perchè ci narra di come alcune vicende legate alla natura si siano, con il passare del tempo, intrecciate a quelle di uomini, lasciando un indelebile segno nella storia locale e udite, anche in quella internazionale.Ma andiamo con ordine…

Paleogeografia del Bellunese durante il Miocene

12274517_615147955289819_5360786812575015670_nAbbiamo detto che tutto ha inizio circa 23 Milioni di anni fa, ci si trova dunque nell’Aquitaniano che è una suddivisione temporale facente parte dell’inizio del Miocene. A quel tempo, i contineti erano quasi identici ad oggi, dico quasi perchè vi erano ancora alcune aree sommerse da bassi mari, ad esempio, la pianura Padana era all’epoca un golfo marino, dobbiamo immaginarci che l’Adriatico non si fermasse a Venezia, ma fosse esteso fino a lambire le basi delle montagne. le Alpi, allora, erano sicuramente diverse da come le vediamo oggi, sia perchè erano ancora giovani e da poco emerse dai mari, sia perchè non erano ancora state modellate dai ghiacciai. la zona dove adesso si trova Belluno, secondo studi sedimentologici fatti sulle rocce dell’epoca, doveva essere una foce di un fiume, quindi un posto dove si accumulavano molti sedimenti terrigeni trasportati dalla zona interna delle Alpi, fino al mare. Oltre che la foce di questo fiume, dobbiamo immaginarci zone costiere alternate a zone di mare basso con acque torbide, Il Feltrino doveva apparire più o meno così. le rocce mioceniche che si rinvengono in tutta la val Belluna (le più recenti fra tutte quelle che si possono trovare), appartengono alla cosi detta serie delle molasse del Bacino di Belluno. Ma cosa vuol dire bacino? cosa vuol dire il nome molassa?

Molasse

Essendo all’epoca tutta la valle una zona costiera immediatamente adiacente alle montagne, essa si comportava come un grande bacino di raccolta di tutti i materiali derivati dall’erosione delle catene montuose ivi trasportati dai corsi d’acqua. Le rocce formatesi nel bacino in seguito al processo sopra visto, si chiamano550px-Bacino_di_avanfossa molasse e per dare una definizione più rigorosa, possiamo dire che sono rocce sedimentarie clastiche di carattere post-orogenico, dove per clasti si intende appunto particelle derivate da altre rocce grazie all’erosione ad opera di agenti chimici e fisici e successivamente trasportate dall’acqua (vedi qui). La dimensione di questi clasti può variare e a seconda della loro diversa grandezza, abbiamo rocce sedimentarie diverse, per esempio, se i clasti fossero costituiti da ciottoli, avremo i conglomerati, se i clasti sono granelli di sabbia avremo le arenarie, se poi i clasti sono ancora più piccoli, rientriamo nella famiglia delle peliti (argilliti,siltiti,marne ecc.). i clasti di questa categoria di rocce, essendo molto piccoli si possono depositare solo se le acque che li trasportano sono molto calme.

Delfinoidi e cavatori

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cavatori di Libàno

Arriviamo ora alla seconda parte della nostra storia… La parola molassa, foneticamente, evoca anche altro, più precisamente evoca le mole, ovvero quelle pietre scolpite a ruota con il buco in mezzo utilizzate sia per affilare coltelli, sia per macinare cereali. Infatti, proprio nei dintorni di Belluno, a inizio secolo scorso c’erano delle cave di pietra da mola, pietra derivata dalle sabbie della famose foce di cui abbiamo parlato prima. L’arenaria di Libàno, così chiamata perchè si trova nelle zone corrispondenti all’omonimo paese, è una roccia sedimentaria resistente e ricca in granuli di quarzo, caratteristica che la rendeva perfetta per affilare le lame, proprio per questo motivo una moltitudine di cavatori dai blocchi di pietra ne ricavavano le mole. Fu proprio grazie a questi cavatori che venne alla luce un tesoro di inimmaginabile valore. 23 Milioni di anni fa, quella zona di foce di fiume, evidentemente costituiva l’habitat ideale per gli antenati degli odierni delfini, che quando morivano venivano rapidamente sommersi dalle sabbie permettendo così al processo di fossilizzazione di conservare fino ai giorni nostri le loro ossa. Una personalità di spicco che si dedicò allo studio e alla classificazione di questi reperti fu il geologo Giorgio dal Piaz, che produsse a riguardo un’importante monografia. Dal Piaz era un assiduo frequentatore di quelle cave, tanto da aver stretto con i cavatori un importante rapporto di amicizia, infatti ogni qual volta i cavatori trovavano uno scheletro, lo segnalavano direttamente al geologo, il quale provvedeva a portare il fossile all’Università di Padova, dove veniva ristrutturato, studiato ed esposto nel museo di geologia.

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ricostruzione di Squalodon, artista Traumador

Come abbiamo detto, questi sono fossili di antenati dei delfini e tra quelli scoperti in quelle cave, ci sono anche delfinoidi appartenenti alla famiglia degli Squalodontidae, cioè cetacei simili ai delfini ma con una spaventosa dentatura che ricorda quella degli squali. Questi erano feroci predatori ed è possibile che fossero una preda difficile anche per gli enormi squali che si aggiravano nella costa. Gli Squalodontidae sono molto appariscenti, ma non solo quella famiglia venne scoperta, perchè dal Piaz ne identificò altre, come quella dei Platanistidae, degli Eurinodelphidae, degli Acrodelphidae e altre oltre che ovviamente i generi e le specie associate a queste famiglie. Giorgio dal Piaz, in collaborazione con i cavatori creò una collezione unica composta di 150 esemplari, identificò 16 specie di cui 12 ESCLUSIVE del Bellunese. Questa per importanza, è la seconda collezione in Europa e tra le più importanti al mondo, alcuni reperti sono esposti al museo di geologia dell’università di Padova.

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foto tratte rispettivamente dai siti www.geol.umd.edu e www.fossiel.net

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Spero di non avervi annoiato troppo ci vediamo alla prossima!! 🙂

P.S: se volete approfondire l’argomento, in rete è disponibile in PDF, un breve articolo intitolato: I Cetacei fossili del Museo di Geologia e Paleontologia dell’Università di Padova, autori: Mariagabriella Fornasiero, Letizia Del Favero.A fine articolo è presente una ricca bibliografia a cui eventualmente attingere.

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Bibliografia:

F. MASSARI, P. GRANDESSO, C. STEFANI, A. ZANFERRARI, The Oligo-Miocene Molasse of the Veneto-Friuli region, Southern Alps, in ” Rivista di geologia sedimentaria e geologia marina”, vol 48 n. 1/2, 1986, 235-247

M. FORNASIERO, L DAL FAVERO, I Cetacei fossili del Museo di Geologia e Paleontologia dell’Università di Padova, in ” Museologia Scientifica Memorie”, n. 13, 2014, 62-69

C. CASON, P. GRANDESSO, F. MASSARI, C. STEFANI, Depositi deltizi nella molassa cattiano-burdigaliana del Bellunese, in ” Memorie di Scienze Geologiche”, vol. 34, 1981, pp 325-354

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Vittore PerenzinVITTORE PERENZIN: Geologo, appassionato di fossili e minerali.

Pubblicato da Vittore Perenzin

Geologo e appassionato di fossili e minerali.