I DELFINOIDI DI DAL PIAZ SOTTO LA LENTE D’INGRANDIMENTO

Tempo addietro, avevamo parlato di un aspetto molto importante della Paleontologia Bellunese, oserei dire un pilastro, ovvero degli odontoceti miocenici scoperti dal Dal Piaz ad inizio secolo nelle cave di arenaria di Libàno e Tisoi ( vedi qui ). Tuttavia, avevamo detto solamente in che ambiente vivevano e quali erano le principali famiglie ritrovate all’interno della dura arenaria. Con l’articolo di oggi vorrei fare un approfondimento proprio sui resti fossili, delineando  quelle che sono le caratteristiche comuni dei crani (la parte più distintiva) degli Odontoceti per poi prendere in esame una singola specie. So che la descrizione di un qualsiasi fossile può sembrare noiosa, ma è fondamentale per comprendere appieno quello che si sta osservando e per fare eventuali ricostruzioni paleoambientali, molto probabilmente in futuro ci saranno altri articoli sull’argomento.

Come è fatto un cranio di odontoceto

Possiamo dire che i crani di odontoceti, abbiano molte analogie ( o meglio omologie) con i crani di delfini attuali essendone ovviamente gli antenati, i primi però sono diversi dai secondi per una serie di caratteri primitivi che con il tempo sono scomparsi, lasciando spazio a caratteri nuovi. Ad esempio, molti generi degli antichi delfini, possedevano una marcata eterodonzia ( diversità della dentatura) oltre che una dimensione a volte notevole dei denti stessi. Ora osserveremo nel dettaglio un qualsiasi cranio tipo (fossile) e daremo ad ogni osso che lo compone il suo nome, mi si perdoni il fatto di non usare una terminologia specifica per ogni singola parte anatomica, ma la complessità dell’argomento è grande. Innanzitutto, guardano un cranio di odontoceto nel suo complesso, ci si accorge subito che ha una forma allungata, diremo che è sviluppato lungo un asse orizzontale, imaginate di osservare la testa di un uccello con un lungo becco, come un airone. Ad una estremità vi troviamo la scatola cranica, mentre tutto il resto della testa è occupata dal rostro, nella parte inferiore invece ci sono le ossa mandibolari. Il rostro appunto, assume una tipica forma “a becco” e la sua lunghezza varia molto da specie a specie, a seconda della funzione che doveva avere all’interno di ogni nicchia ecologica. Guardandolo più da vicino si possono distinguere delle scanalature che lo percorrono per tutta la sua lungezza, due nella zona laterale, opposte, e una sopra, una spece di solco che “divide” il rostro in due parti uguali; queste scanalature sono in realtà il confine tra due tipologie di ossa differenti: quelle al di sotto delle laterali si chiamano ossa mascellari, mentre quelle sopra separate dal solco, sono le premascellari. Le mascellari sono ben più robuste delle premascellari, anche perchè su queste si innestano le radici dei denti, che come gia detto possono essere molto voluminose, le mascellari costutuiscono una specie di “recinto” per le premascellari più sottili e più interne, le quali, se analizzate singolarmente appaiono come due lame orizzontali. Il solco che divide le premascellari si dice scanalatura mesorostrale e man mano che dall’apice del rostro ci si sposta verso la scatola cranica, la scanalatura mesorostrale si apre in quella che è la fossa nasale.scansione0001-1
Questo spazio appare come una cavità pseudotriangolare tra le premascellari, con il vertice rivolto verso la scanalatura, alla sua base invece, in posizione rialzata traviamo le due ossa nasali, che assomigliano a due placchette  subverticali, queste particolari ossa sono “incastonate” in mezzo al cranio e sono separate da una piccola linea. Osservando ora la scatola cranica da sopra, ci si accorge che in prossimità del vertice della fossa nasale, le ossa mascellari si allargano all’improvviso e se fino a quel punto erano rettlinee e longitudinali, ora assomigliano a delle ossa pianeggianti più larghe, che prensono il nome di sopraorbitali, in quanto, appena sotto di esse alloggiavano gli organi visivi dell’animale, la zona di “improvviso svasamento” dei mascellari invece si chiama fossa antrorbitale.
La parte posteriore delle ossa sopraorbitali si chiama postorbitale e la larghezza totale tra il punto di massima espansione di un orbitale e l’altro, si chiama larghezza del processo postorbitale. Lateralmente la continuazione delle ossa sopraorbitali è data dalle ossa parietali, in diretto collegamento con i frontali, il sopraoccipitale e l’occipitale, le ultime elencate sono tutte ossa piatte che vanno a formare la scatola cranica. Le ossa frontali sono due e si trovano immediatamente sopra quelle nasali, nella loro parte antero-laterale sono a contatto con le intermascellari, posteriormente con le sopraoccipitali, sono divise dall’osso interparietale, che assume la forma di un piccolo triangolo rettangolo. Se osserviamo il cranio dalla zona posteriore vedremo l’osso occipitale in tutta la sua estensione, oltre che altri parti anatomiche “saldate” ad esso. Ad una visione posteriore, la parte che salta di più all’occhio è quella centrale, occupata dal foro che permetteva il passaggio del midollo spinale, questo foro è circondato da due protuberanze semicircolari arrotondate che si chiamano condili occipitali e che consentono all’atlante ( la prima vertebra della colonna) di articolarsi al cranio. Lateralmente ai condili ( ricordate che è sempre tutto speculare poichè la simmetria dell’animale è bilaterale), partendo dall’interno verso l’esterno, troviamo rispettivamente i processi basoccipitali, le ossa exoccipitali e infine i processi squamosi, questi ultimi assomigliano a due lobi che si protendono verso le ossa sopraorbitali senza però entrare in contatto con esse. Osservando invece il cranio da sotto, noteremo che tra la scatola cranica e l’inizio del rostro vi è una protuberanza che assume la forma di una vera e proria “pinna ossea”, è questo il vomere che ad una visone laterale ha forma a V, tra il vomere e i basoccipitali vi sono gli sfenoidi e le ossa palatine. La mandibola è composta da due rami che si uniscono in un’unica sinifisi  che segue regolarmente tutto il rostro fino al suo apice, i denti possono essere di varia forma, da conici a simili a quelli degli squali ( negli Squalodontidi). C’è da dire, che ho elencato solamente le ossa principali senza soffermari sui particolari anatomici, che avrebbero richiesto una lunga e dettagliata esposizione.

Cyrtodelphis sulcatus

Ora descriveremo il cranio di una specie trovata da Dal piaz proprio nelle cave dei dintorni di Bolzano Bellunese, il genere è Cyrtodelphis e la specie è denominata sulcatus. Viveva nel primo Miocene, circa 20 milioni di anni fa e i suoi resti sono stati trovati in varie parti del Mondo. Aveva il cranio molto lungo, non meno di 80 cm., appuntito all’estremità anteriore, le ossa nasali sono molto piccole e globulari, seguite da frontali a piastra pianeggiante nella regione più elevata del cranio, ed estesi ad ala di fianco sotto i nasali. Le creste occipito-parietali sono abbastanza rilevanti e le ossa parietali sono molto estese, i condili occipitali robusti e larghi, invece troviamo che i processi squamosi sono mediocremente sviluppati. I mascellari sono molto lunghi e sottili e si estendono fino all’estremità del rostro, la parte posteriore non è molto espansa e fa parte della piastra sopraorbitale che è  a contatto con i frontali e con i sopraoccipitali, la parte anteriore si protende a lama, prima è piatta e poi verso l’apice lievemente arrotondata. Dal lato inferiore i mascellari formano una volta lungo la cui linea mediana si eleva in forma di stretto cuneo il vomere. La mandibola è altrettanto lunga e i suoi fianchi sono percorsi da profondi solchi. I denti sono numerosissimi e compresi quelli della mandibola raggiungono il numero di 160, quelli posteriori hanno la corona a forma di cono compresso e in qualche caso, la corona posteriore presenta qualche piccolissimo dentello. L’apice di questi è ricurvo all’indietro e alla base della corona vi sono delle granulazioni papilliformi, la loro radice è unica. I denti anteriori hanno la corona di forma conica alquanto compressa dall’interno all’esterno, lunga, accuminata e liscia. La cassa timpanica è relativamente piccola e a forma di oliva. Da segnalare che sempre negli stessi giacimenti, il noto geologo ha rinvenuto un’altra specie di Cyrtodelphys, che però è locale, stiamo parlando del Cyrtodelphis gresalensis ( nome derivato dal vicino torrente Gresal) avente ossa del cranio più tozze e robuste del sulcatus.

OLYMPUS DIGITAL CAMERA
cranio di Cyrtodelphis sulcatus trovato nelle cave di Tisoi

 

Bibliografia:

G. DAL PIAZ, Gli odontoceti del Miocene Bellunese, parte quinta-decima: Cyrtodelphis-Acrodelphis-Protodelphinus-Ziphiodelphis-Scaldicetus- Conclusioni generali e considerazioni filogenetiche, 1916, Padova, PremiataSocietà Cooperativa Tipografica,1977.

AUTHOR:

Vittore PerenzinVITTORE PERENZIN: Geologo, appassionato di fossili e minerali.

Pubblicato da Vittore Perenzin

Geologo e appassionato di fossili e minerali.