I TERREMOTI

Ciao a tutti!! Oggi ci soffermeremo su un argomento che purtroppo è di grande attualità. Dico purtroppo perchè parleremo dei terremoti e della sismicità della nostra area; questo articolo nasce dalla necessità di suggerire delle “linee generali” che possano aiutare  il lettore ( seppur in maniera minima) ad interpretare le molte informazioni che ultimamente si trovano sul web e giornali riguardo appunto ai terremoti. Non ho assolutamente la presunzione di proporre questo articolo come un qualcosa di esaustivo atto a chiarificare tutte le dinamiche di un sisma a priori, ma come detto prima voglio dare dei piccoli spunti ( anche se magari non del tutto esatti) che possano indurre curiosità in chi legge. Inoltre, viste le ultime vicissitudini, se ritenete che questo scritto possa turbare il vostro stato d’animo non continuate con la lettura. Ringrazio Massimo Marcer, membro del nostro gruppo, per aver fornito lo studio sui distretti sismici del Veneto.

Cosa sono i terremoti?

crosta terrestre

Sono delle vibrazioni naturali del suolo, provocate dalla liberazione di energia meccanica accumulata dalle rocce per molto tempo, le quali, per “motivi interni” al nostro pianeta possono stirarsi, comprimersi e infine rompersi, liberando appunto energia sotto forma di calore e di onde meccaniche. Ma quali sono i “motivi interni”? Quando pensiamo al pianeta Terra, lo dobbiamo immaginare come fosse un’arancia, all’esterno è rivestito da una sottile buccia chiamata crosta terrestre, composta da rocce solide, quelle che anche noi (in parte) possiamo vedere insomma, mentre gli spicchi morbidi sono rappresentati da rocce fuse e molto calde che si possono muovere, la cosidetta astenosfera. Ed è proprio per il fatto che l’astenosfera si può muovere tramite moti convettivi ( vedi qui ) che le rocce della sovrastante crosta sono sottoposte a stress, stress che le porterà a spaccarsi e suddividersi in placche, è come se la nostra arancia non avesse la buccia integra ma questa fosse solcata in tutta la sua superfice da crepe che raggiungono gli spicchi. Abbiamo dunque presentato la Terra come un globo di rocce fuse e mobili sopra il quale “galleggiano” queste placche solide e come è intuibile, i moti convettivi una volta create le placche, le fanno muovere le une rispetto alle altre a mo di zattere. Si possono individuare su tutto il globo zone dove i sismi sono più frequenti rispetto ad altre, geograficamente parlando sono zone lunghe e sottili, come fossero delle corde, questi sono luoghi dove due placche diverse sono poste a contatto tra di loro e siccome le placche si muovono, queste possono scorrere parallelamente l’una all’altra oppure accavallarsi, dapprima comprimendosi per poi rompersi. Arrivati a questo punto abbiamo a grandi linee spiegato il perchè dello stress accumulato, vediamo ora il come. Negli anni, sono state eleborate diverse teorie per dare una spiegazione ai terremoti, la più attendibile fino ad ora è quella del ritorno elastico.rimbalzo elastico Secondo questo modello, quando un blocco di roccia della crosta viene sottoposto a sforzi, si comporta in modo elastico, cioè si deforma lentamente con modalità che dipendono dalle caratteristiche delle rocce interessate. Quando le rocce si deformano accumulano energia e la deformazione è proporzionale all’intensità e alla durata delle forze applicate, ogni roccia ha un limite oltre il quale non può più deformarsi elasticamente e se la forza continua ad agire la tensione accumulata supera il limite di elasticità portando alla rottura del blocco nel punto più debole. In parole povere pensate di piegare con le mani un righello di plastica, se continuate a piegarlo, questo si piega fino a quando si spacca nel mezzo con un rumore secco e i due pezzi che si allontanano molto velocemente, ecco il ritorno elastico. Quando il blocco si rompe, i due pezzi generati si allontaneranno l’uno dall’altro in direzioni opposte con una velocità proporzionale all’energia accumulata in precedenza, maggiore era l’energia accumulata, di maggior entità sarà lo spostamento.faglie Le spaccature nei blocchi rocciosi generate dal ritorno elastico si chiamano faglie. Lungo una faglia i due blocchi si possono muovere parallelamente sullo stesso piano, (faglia trascorrente ), oppure un blocco può “scendere” rispetto all’altro che resta più elevato, (faglia diretta  ),ancora, un blocco può scorrere verso l’alto rispetto all’altro,( faglia inversa ). Tutta la zona di contatto tra le due rocce adiacenti si chiama specchio di faglia.
Il luogo in profondità dove avviene la rottura e  viene liberata energia si chiama ipocentro, da li partono le onde elastiche che si propagano in tutte le direzioni, sempre secondo la teoria del ritorno elastico gli ipocentri dei terremoti sono collocati lungo i piani di scorrimento di faglia.  Per epicentro, invece si intende il punto della superfice terrestre situato verticalmente all’ipocentro, è la zona dove le vibrazioni sono più forti.

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Tipi di onde

All’inizio abbiamo detto che alla rottura, l’energia si libera sotto forma di calore e sotto forma di onde meccaniche. Le onde sismiche (che sono onde meccaniche) si propagano nella materia obbedendo ai principi del moto ondulatorio, cioè non causano uno spostamento vero e proprio di materia, ma solamente oscillazioni di questa rispetto ad un punto centrale, la vibrazione si propaga perchè le particelle che si muovono rispetto al punto, oscillando, trasmettono l’impulso alle particelle vicine e così via, creando una vera e propria catena, un’onda insomma. Più ci si allontana dall’ipocentro, più l’attrito smorza progressivamente le onde trasformandole in calore. Per quanto riguarda i terremoti, esistono diversi tipi di onde con direzione di oscillazione diversa e come vedremo oltre che a propagarsi in maniera diversa hanno proprietà che le contradistinguono. Nell’ipocentro si generano due tipi di onde, le onde P ( o primarie) e onde S (secondarie). Le primarie si propagano con velocità superiore a quella delle onde secondarie, le P sono chiamate anche onde longitudinali perchè deformano i materiali nello stesso senso della loro propagazione causando una variazione di volume del mezzo.

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Dobbiamo immaginare che il blocco di roccia attraversato dalle onde primarie sia costituito da tanti piccoli cubetti attaccati tra di loro, al passaggio dell’onda il cubetto subisce una compressione seguita da una dilatazione e trasmette il movimento al cubetto contiguo, il cubetto oscilla avanti e indietro fino a che, per attrito, non dissipa tutta l’energia. Le onde P si propagano nei solidi, nei liquidi e nei gas, ma la loro velocità varia in relazione alla natura del mezzo attraversato e modificano la loro direzione passando da una tipologia di materiale ad un altro. Nella crosta terrestre si muovono con velocità che possono variare dai 4 agli 8 km/s. Le onde S, invece, smuovono i materiali che attraversano, in senso trasversale rispetto alla direzione di propagazione, producendo una variazione di forma ma non di volume. In questo caso l’ideale blocchetto di roccia, non oscilla avanti e indietro, ma in alto e in basso cambiando appunto forma. Le onde S non si propagano nei fluidi perche questi non riescono a sostenere le deformazioni di taglio, anche la loro velocità e direzione cambia in relazione al mezzo attraversato. Quando questi due tipi di onde raggiungono la superfice, si trasformano in onde L o onde superficiali, che si propagano dal punto di origine come le onde prodotte da un sasso gettato in acqua. Sono più lente delle onde P ed S, viaggiando con una velocità costante di 3,5 km/s ma possono superare distanze lunghissime prima di dissiparsi e per questo motivo sono quelle che in un terremoto provocano i danni maggiori anche a grandi distanze.  Tra le onde superficiali si annoverano le onde di Rayleigh, che provocano spostamenti ellittici delle particelle del mezzo attraversato, in un piano verticale rispetto alla direzione di propagazione e le onde di Love, che provocano spostamenti orizzontali e trasversali.

Scale di misura

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Tralasciando i metodi di rilevamento delle onde sismiche, facciamo giusto due parole sulle scale di misura di un terremoto, che sono la scala Mercalli e la scala Richter. La scala Mercalli è anche detta scala delle intensità e assegna ad ogni sisma un valore numerico determinato in base agli effetti delle scosse sul territorio e al grado di distruzione che queste provocano. L’intensità di un terremoto dunque non viene misurata con strumenti, ma è una valutazione soggettiva degli effetti, la raccolta delle informazioni si effettua utilizzando quattro indicatori: lesioni a costruzioni, danni a persone e animali, modifiche di elementi dell’ambiente naturale, effetti sugli oggetti in uso. Proprio perchè questa scala rappresenta una valutazione soggettiva di un sisma, ha dei limiti dal punto di vista scientifico, ecco allora che in nostro aiuto arriva la scala Richter. Questa scala è detta anche scala delle magnitudo,
che è una stima dell’energia liberata dalla crosta terrestre quando si frattura. RichterMagnitudoLa magnitudo di un terremoto si ottiene confrontando l’ampiezza massima delle oscillazioni registrate in una stazione di rilevamento con l’ampiezza massima delle oscillazioni di un sismogramma di riferimento. La scala Richter comprende 9 gradi ed è logaritmica, cioè ogni numero presenta un movimento  dieci volte maggiore di quello precedente, una differenza di magnitudo pari a 1,0 è proporzionale all’ampiezza di oscillazione elevata a 3/2 il che è equivalente ad un fattore di 31,5. Un sisma di magnitudo 4, provoca sul sismografo oscillazioni di ampiezza massima 1000 volte più grandi rispetto ad un terremoto di magnitudo 1. La magnitudo è un numero e il suo valore non dipende dalla distanza dall’epicentro della stazione di rilevamento.

Terremoti nella nostra zona

Gli studiosi hanno suddiviso il Veneto in distretti sismici, noi ricadiamo nel distretto della Pedemontana Nord. Ora, per comodità del lettore riporterò uno stralcio della pubblicazione ” I distretti sismici del Veneto”.L’area della Pedemontana Nord è una zona documentata storicamente solo dalla fine del ‘800,con pochi eventi che hanno superato la soglia del danno (VI scala Mercalli). Per molti secoli, l’assenzadi centri urbanizzati rilevanti può aver causato una focalizzazione dell’informazione storica degli effetti verso Belluno, Treviso e Verona.Gli eventi più importanti sono riferiti alla terminazione occidentale della Val Belluna(Fonzaso, Seren del Grappa) con un evento in epoca pre-strumentale (Fonzaso, 28 novembre 1894,VI-VII Mercalli,5,03 magnitudo) e un altro avvenuto durante il travagliato periodo bellico (in catalogo riferito alla località di Valdobbiadene, il 24 luglio 1943,VII Mercalli,5,18 magnitudo).La sismicità registrata strumentalmente dal 1977 si presenta da bassa a moderata, con qualche evento caratterizzato da magnitudo maggiore di 3; essi si concentrano lungo le aste vallive (Brenta, stretta di Quero del Piave, margine orientale). La magnitud omassima registrata nell’area è associata al terremoto del 14 ottobre 1980 (magnitudo 4,0).L’evento, localizzato nell’estremo orientale del distretto, nel comune di Mel, al confine con gli adiacenti distretti Pedemontana Sud e Alpago-Cansiglio, risulta il terremoto più forte occorso in tempi recenti nell’area compresa fra Belluno e Vicenza . La sua localizzazione non è  ben vincolata, dato il limitato numero di stazioni operanti nell’area all’epoca; nella medesima area, sono localizzate altre due scosse, rispettivamente di magnitudo 3,5 (18 aprile 1988) e magnitudo 3,2 (22 luglio 1979); l’evento recente più forte risale al 10 dicembre 2001 (magnitudo 3,3, zona di Arsiè). Le scarse soluzioni disponibili come meccanismi focali indicano una cinematica compressiva o trascorrente, ( faglie trascorrenti o inverse) compatibile con l’assetto strutturale dell’area. Anche per questo distretto si attende il completamento della elaborazione complessiva dei meccanismi focali da polarità del primo impulso (Restivo, 2011).La maggior parte degli autori ritiene che le strutture presenti in quest’area dimostrino di avere raggiunto una configurazione tettonica quasi definitiva (es. Zanferrari et al., 1982) e il fronte deformativo viene associato a strutture più meridionali poste nel distretto della Pedemontana Sud. Come nell’adiacente Pedemontana Sud, i maggiori risentimenti in termini di intensità macrosismica sono riferiti ad eventi antichi, e raggiungono il X grado della scala MCS, cui corrisponde un livello di distruzione catastrofica (Fig. 2.3): essi sono legati ad eventi precedentemente identificati nel distretto meridionale. Al comune di Alano di Piave il X grado è associato al terremoto del 25 febbraio 1695 (Mercalli IX-X, magnitudo 6,61), localizzato nell’Asolano (distretto Pedemontana Sud) che ha raggiunto la soglia della distruzione tra Bassano del Grappa e Valdobbiadene. Sempre a questo evento è associato il IX-X grado attribuito ai comuni di Quero, Segusino e Vas.

 

Bibliografia:

M. SUGAN, L. PERUZZA, I distretti sismici del Veneto, in”Bollettino di Geofisica Teorica ed Applicata”, Vol 52 n. 4, dicembre 2011, pp s3-s90

I. NEVIANI, C. PIGNOCCHINO FEYLES, Geografia Generale, La Terra nell’Universo, terza edizione, Torino, Società editrice Internazionale, 2004.

 

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Vittore PerenzinVITTORE PERENZIN: Studente di geologia, appassionato di fossili e minerali.

 

 

Pubblicato da Vittore Perenzin

Geologo e appassionato di fossili e minerali.