LA STRUTTURA DELLE VETTE FELTRINE (SECONDA PARTE)

Adesso è giunta l’ora di mettere il dito… nella piega! Le Vette Feltrine sono state una “palestra geologica” fin dal ‘800, possiamo citare a tal proposito, due importanti geologi, Mojsisovics  e Taramelli, i quali studiarono queste montagne praticamente contemporaneamente. Questi due eminenti studiosi, inserirono i risultati delle loro ricerche sulla tettonica delle alpi Feltrine, nelle loro opere e precisamente in Die Dolomit-Riffe, per quanto riguarda il geologo austriaco e in Monografia stratigrafica e paleontologica del Lias nelle province Venete, per quanto riguarda Taramelli. Alcuni anni dopo, anche una persona che abbiamo già avuto modo di conoscere, si cimentò in questi studi, stiamo parlando di Giorgio dal Piaz, (vedi qui ) altra importantissima figura della geologia italiana. Dal Piaz, passò intere primavere ed estati a perlustrare tutto l’altipiano, facendo rilevamenti geologici e raccogliendo una grandissima mole di dati ed osservazioni. Dobbiamo pensare che all’epoca, non esistevano certo i comfort per chi adesso sceglie di praticare escursionismo od alpinismo, così il professore dovette agire in condizioni piuttosto dure, usufruendo di bivacchi improvvisati armato di una buona dose di spirito di adattamento! Tutte le osservazioni e i rilevamenti fatti, confluirono nella sua grande opera, Le Alpi Feltrine, edita nel 1907, nella quale parla dettagliatamente della Stratigrafia, della Paleontologia e anche della Tettonica dell’area in esame. Torniamo ora per un attimo agli studi di Mojsisovics e Taramelli, i due avevano una visione diversa per quanto riguarda un aspetto della geologia strutturale della zona. Secondo il geologo austriaco, le nostre Vette sono costituite da un piccolo altipiano con stratificazioni rocciose quasi orizzontali compreso fra due linee di frattura (faglie), una a nord, lungo il versante settentrionale del monte Pavione e l’altra a sud, la quale attraversa il versante meridionale di monte Vallazza, passa a nord di m. Masieron e continua sia ad est che ad ovest. Taramelli invece, ritiene che nel versante meridionale non si possa parlare di linea di frattura, bensì ci si debba riferire ad una struttura riassumibile in una piega. Questa differenza di vedute interesserà non poco il dal Piaz, il quale spinto da curiosità, volle indagare anche il fianco meridionale e giunse ad una conclusione analoga a quella di Taramelli, dicendo che fosse presente solamente un sistema di pieghe. Tuttavia, come abbiamo detto prima, studiò tutta l’area e identificò la famosa grande curva anticlinale descrivendola in ogni sua parte. Osservò, tramite i rilevamenti, che la volta della curva è molto larga e non è regolare e continua, ma proprio nel suo mezzo presenta una piccola sinclinale (piega con concavità rivolta verso l’alto e con rocce più giovani al nucleo) assai piatta e ai due lati di questa (cioè a nord e a sud) ci sono due anticlinali: una con asse ENE-OSO che passa più o meno per il m.te Pavione e l’altra parallela, però in posizione opposta. Se si va in busa delle Vette Grandi, oltre che a godere di un grande paesaggio, ci si rende conto che la disposizione geologica descritta sopra appare evidente, le bancate di Rosso Ammonitico e della Formazione di Fonzaso appaiono quasi sub-orizzontali, infatti la busa non è altro che un circo glaciale scavato proprio al centro della sinclinale. Il geologo feltrino però, si allontanò di un altro passo dalle osservazioni di Mojsisovics e Taramelli, infatti affermerà che neanche nel fianco nord di questa ampia anticlinale ci sarebbero fratture, individuò una piega ad alto angolo, visibile sul versante nord del Pavione, nei circhi dei Podôch e in quello delle Sere. Ritornando al fianco meridionale, rilevò poi un nuovo piegamento nel fianco dell’anticlinale, sotto forma di stretta sinclinale, con altri ripiegamenti secondari.

Due sezioni geologiche…

Ora, per meglio esporre la situazione, analizzeremo due sezioni geologiche, tratte da una tavola all’interno dell’opera Le Vette Feltrine di dal Piaz e da me rielaborate. La prima sezione che prenderemo in considerazione è quella che passa per il Col di Luna, per le Vette Grandi e per il Col dei Cavai. Ad ogni colore diverso, corrispondono formazioni rocciose di età diversa, con la più giovane sopra la più vecchia, possiamo notare che qui tutte le rocce sono grosso modo calcari e calcari marnosi. Le litologie affioranti nello spaccato tra Col de Luna e Vette Grandi, sono tutte riferibili al Giurassico e al Triassico, ( vedi qui ), i nomi come Dogger, Malm ecc., sono invece le epoche; mancano le formazioni più giovani del Giurassico superiore, in quanto sono state erose ed asportate. Sempre nella parte a sinistra di questa sezione si può notare la blanda sinclinale, la quale si accentua lievemente fra i due rilievi, gli strati sono sub-orizzontali. Spostandoci verso destra, notiamo un netto cambiamento nella giacitura e nell’inclinazione degli strati, qui ci troviamo sul fianco meridionale dell’anticlinale e possiamo osservare una piega a ginocchio, ovvero strati che da orizzontali diventano verticali o quasi, la piega a ginocchio è impostata sempre in rocce giurassiche. Da li al Col dei Cavai, si succedono in sequenza una sinclinale e un’anticlinale asimmetriche, possiamo dire che queste due pieghe hanno un fianco in comune e sono asimmetriche poichè hanno un fianco meno inclinato rispetto all’altro. Volendo puntualizzare, possiamo dire anche, che queste pieghe sono a rovesciate, perchè il loro piano assiale non risulta perpendicloare rispetto alla superficie terrestre. Verso l’estrema destra della sezione, compaiono i terreni più recenti preservati dall’erosione, ovvero quelli del Cretaceo inferiore, superiore e dell’Eocene, anche qui, le rocce eoceniche sono racchiuse in una sinclinale rovesciata.La seconda sezione geologica passa per il monte Pavione, per la busa di Cavaren, fino ad arrivare ad Aune. A differenza della sommità del col di Luna, in cima al Pavione troviamo i terreni cretacei della Maiolica ( o Biancone, nella vecchia dicitura), il trend giaciturale degli strati si mantiene analogo a quello visto sopra, fino a che, verso destra non incontriamo la piega a ginocchio. L’autore fa notare che se il nucleo della prima sinclinale appena dopo la piega a ginocchio, nella prima sezione, si mantiene ad un livello di circa 1250 m.s.l.m., quello della seconda, in prossimità di Orza, si sposta ad un livello molto più basso (infatti non si vede in sezione). Questo è dovuto al fatto che l’asse della sinclinale è inclinato notevolmente da est verso ovest, in modo che le formazioni di questa sinclinale sono tanto più profonde, quanto più si procede da oriente ad occidente.


Eccoci giunti alla fine della seconda parte del racconto, ma la storia non è ancora finita, prossimamente parleremo degli studi recenti che sono stati fatti in quest’area, quindi continuate a seguirci! ( l’immagine delle due sezioni si può vedere meglio cliccandoci sopra).

Bibliografia:

G. DAL PIAZ, Le Alpi Feltrine, Memorie del Reale Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, volume XXVII. n. 9, officine grafiche di Carlo Ferrari, Venezia 1907.

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Vittore PerenzinVITTORE PERENZIN: Geologo, appassionato di fossili e minerali.

Pubblicato da Vittore Perenzin

Geologo e appassionato di fossili e minerali.