LA STRUTTURA DELLE VETTE FELTRINE (TERZA PARTE)

Come abbiamo anticipato la scorsa volta, oggi parleremo degli studi recenti che sono stati fatti nell’area delle Vette Feltrine, ovvero riferibili ad una fase che noi per comodità definiremo “post Dal Piaz”. Apprenderemo che le osservazioni di Mojsisovics, a proposito delle “fratture”, non erano sbagliate, anzi sono quelle che più si avvicinarono alla realtà dei fatti, ma ci convinceremo anche della bontà degli studi di Taramelli e Dal Piaz stesso. Con il passare degli anni, la geologia si è potuta avvalere di strumenti sempre più sofisticati per l’elaborazione dei dati di terreno, al fine di restituire dei modelli il più possibile affini alla realtà; pensiamo alla tecnologia satellitare, ai software più disparati, oppure ai macchinari che permettono l’indagine del sottosuolo tramite la propagazione di onde. E’ anche grazie a questi strumenti, oltre che ai rilevamenti fatti “manualmente”, che nuovi aspetti delle Vette Feltrine sono venuti alla luce. Tra il 1800 e il 1900, le scienze naturali erano basate su una filosofia descrittiva/catalogativa, quindi le interpretazioni strutturali di Taramelli, Mojsisovics, Dal Piaz e Hoerness derivavano principalmente dalle loro osservazioni.  Ma ora, dobbiamo ripartire proprio dagli studi di Mojsisovics, perchè è proprio da quelli che potremo ricostruire la vera struttura dell’altopiano.

L’importanza delle fratture…

Come forse ricorderete, nel precedente articolo avevo accennato ad una “disputa” tra i tre studiosi, nella quale si discuteva dell’esistenza di fratture, oltre che di pieghe, che delimitavano l’anticlinale. Taramelli si discostò parzialmente dalle affermazioni di Mojsisovics, mentre Dal Piaz, in maniera totale, dicendo che vi fossero solamente strati di roccia piegati e non fagliati, tuttavia, i successivi studi ( quelli dell’epoca post Dal Piaz) hanno confermato le ipotesi del geologo austriaco. Lungi da me creare dei dubbi a riguardo dell’opera del Professore feltrino, anche perchè, le strutture da lui individuate e descritte (come l’ampia anticlinale e le strutture secondarie) corrispondono al vero ed anzi, hanno costituito la base per tutti gli approfondimenti successivi. Fondamentali sono stati i lavori di Lucio D’alberto, Alberto BozCarlo Doglioni e Chiara D’Ambrogi (che hanno collaborato tra loro), dei quali, ora ci occuperemo. Tutti e quattro gli autori di cui sopra, sono in accordo sull’esistenza delle fratture, (faglie), che delimitano le nostre Vette, fratture che poi non sono altro che thrust, dei quali abbiamo parlato nella prima parte, ma questi thrust hanno un’orientazione e una geometria ben precisa, generate da un particolare meccanismo direttamente collegato alle spinte orogenetiche e al comportamento delle rocce. Questo meccanismo, strettamente collegato alla formazione delle pieghe, si chiama piega per propagazione di faglia, o fault propagation folding se preferite. Facendo sempre riferimento alla prima parte, avevamo detto che le faglie che daranno origine ai thrust, si propagano in strati di roccia più “debole”, dapprima orizzontalmente e poi, ad un certo punto tendono a propagarsi verso l’alto, in una sorta di “impennata”. Nel caso della piega per propagazione di faglia, la piega appunto si forma contemporaneamente all’avanzare della frattura stessa lungo la zona di ramp, in altre parole la piega si crea per accomodare la continua espansione della faglia, in modo che, più la frattura è grande e più lo sarà anche l’anticlinale che si genera. Ritornando a noi, il sovrascorrimento che ha generato il fianco sud dell’anticlinale delle Vette (con le sue pieghe secondarie), ha un nome ben preciso, si chiama Linea di Belluno e se vi ricordate la avevamo già incontrata ( ad esempio qui ). Come qualsiasi faglia inversa, la Linea di Belluno porta alla sovrapposizione di rocce più antiche al di sopra di rocce più giovani, questo è ben visibile ad esempio in valle di Lamen, appena a nord del monte Pafagai, dove i Calcari Grigi giurassici sono a contatto con la Maiolica cretacea. Le prealpi bellunesi come anche quelle venete, sono caratterizzate da sovrascorrimenti vergenti a SSE in una struttura a ventaglio embricato, non fa eccezione la linea di Belluno, (in realtà un insieme di faglie), la quale, con il suo sviluppo ESE-ONO, mostra apprezzabili differenze nei rigetti. Ad esempio, in val Canzoi, non si individua un vero e proprio piano di faglia, perchè esso si perde nel fitto ripiegamento degli strati di Scaglia Rossa. Nei pressi di Roncoi e lungo il Veses invece, i primi affioramenti di Scaglia sono distanti pochi centinaia di metri dalle arenarie mioceniche, con soppressione del Flysch di Belluno e di tutta la parte bassa della serie molassica. C’è da dire, che in prossimità della linea di Belluno, le rocce oltre che aver subito un accavallamento delle più antiche sulle più giovani, spesso presentano anche strati rovesciati, ovvero la parte più vecchia di una stessa formazione si trova al di sopra di quella più giovane, questo è dovuto al fatto che in prossimità di faglie gli strati vengono in qualche modo “stirati ad uncino” in direzioni opposte, è questo il fenomeno del drag fold. Spostandoci ora verso il fianco nord dell’anticlinale, incontriamo un’altra frattura, anche questa citata sia da Mojsisovics e Taramelli, che tuttavia si rivela essere un retroscorrimento e che marca il limite settentrionale delle Vette Feltrine. Questo retroscorrimento (di immersione opposta rispetto a quello di Belluno), non si trova più ad ovest della valle del Cismon, per motivi ricollegabili alla tettonica mesozoica (vedi qui ). Come abbiamo dunque capito le prealpi Feltrine sono una ampia anticlinale, “interrotta” però da due thrust di direzione opposta, esattamente come un blocco di un certo materiale interessato da linee di rottura in tutto il suo volume. In geologia, strutture del genere prendono il nome di pieghe a scatola o geometrie a pop-up che sono un tipo di pieghe coniugate. Più in particolare si possono osservare due pieghe asimmetriche con senso opposto di simmetria, tale che, le superfici assiali immergono l’una verso l’altra, in mezzo alle due pieghe vi è una zona con strati orizzontali o debolmente piegati. Per apprezzare il pop-up delle Vette, bisogna salire in cima al Coppolo, o percorrere la strada Furianoi-Pugnai, punti dai quali si vede bene in sezione la piega a doppia vergenza che c’è solo dalla Vallazza- Col S. Piero e ad est è presente fino a dosso Perazze circa. A questo punto, non si può certo fare a meno di citare un altro importante sovrascorrimento, anzi direi fondamentale, perchè è quello che separa l’area dolomitica dalle prealpi Bellunesi. A nord di questa linea, la geologia strutturale è caratterizzata dalla predominanza di faglie, mentre a sud dalla predominanza di pieghe. Stiamo parlando della Linea della Valsugana, la quale è più antica della Linea di Belluno e si trova appunto a nord delle Vette ( ancora più a nord del retroscorrimento). Anch’essa, come la Linea di Belluno, è costituita da un insieme di faglie con caratteri simili, con posizione del piano di faglia immergente verso NNO e con un sovrascorrimento di rocce più antiche sopra le più giovani. Volendo completare il quadro dei sovrascorrimenti, dobbiamo dire che esiste anche la linea di Tezze, che passa per Fonzaso, cinge il lato sud del monte Aurin e da li a Pedavena diventa una faglia di trasferimento per poi ritornare ad essere un sovrascorrimento da Pedavena verso est, poco più sotto della Linea di Belluno.

… e delle pieghe

Adesso, sempre facendo riferimento agli studi di D’alberto, Boz,  Doglioni e D’Ambrogi, ritorneremo a parlare delle pieghe, aggiungendo importantissimi dettagli. Innanzitutto, si parla della sinclinale minore (quella definita assai piatta da Dal Piaz) la quale, corre lungo l’asse principale del tetto della ampia anticlinale che forma l’altopiano. Questa sinclinale collegherebbe i due fianchi delle due anticlinali più piccole che si trovano in posizione opposta, a nord e a sud e che coronano la sommità dei lembi della grande anticlinale. Nel pendio settentrionale delle Vette poi, vengono individuate due sinclinali indipendenti chiamate rispettivamente sinclinale delle Vederne e sinclinale Neva-Comedon. L’anticlinale delle Vette Feltrine è nota come anticlinale Coppolo- Pelf, è lunga circa 30 km, ma continua verso est nella regione del Friuli e finisce nella Valsugana. Tutti e quattro gli autori sono concordi sul fatto che l’assetto strutturale e la geometria dei thrust, sia stata condizionata dall’eredità stratigrafica e tettonica mesozoica. Se ricordate, durante il Giurassico, la nostra zona era suddivisa in “blocchi”, due piattaforme sopraelevate che circondavano un bacino più profondo, queste strutture delimitate da faglie dirette, avevano una direzione grossomodo N-S. Ebbene, sia i sovrascorrimenti che i retroscorrimenti mostrano continue ondulazioni che riflettono le eterogeneità laterali ereditate sia dalla situazione tettonica mesozoica, sia dalla variazione laterale di spessore e di “tipo” della copertura sedimentaria. A tal proposito, Doglioni fa notare che la deformazione compressiva è concentrata con rampe del ventaglio embricato più ravvicinate e rilievo morfologico strutturale più accentuato, in corrispondenza dell’horst (blocco rialzato) mesozoico di Trento (verso ovest), spostandosi invece verso est la deformazione si attenua. Come affermato poco prima, la geometria della catena sarebbe influenzata anche dalla stratigrafia, infatti i sovrascorrimenti hanno piani di scollamento più lunghi e profondi all’interno del bacino, dove sono più frequenti e spessi i livelli marnosi e argillosi del bacino di Belluno.

un breve ritorno alle fratture

Alcune righe fa, abbiamo parlato di un sovrascorrimento un po’ particolare, la linea di Tezze, la quale si manifesta inizialmente come un sovrascorrimento per poi, ad un certo punto diventare una faglia di trasferimento e sopra Pedavena, ritornare ad essere un sovrascorrimento verso est. Ma cos’è una faglia di trasferimento? Una faglia di trasferimento fa parte di quella famiglia di faglie chiamate trascorrenti, il cui movimento relativo dei blocchi è parallelo alla direzione della faglia stessa. Anche se non è del tutto vero, non vi è un abbassamento di un blocco rispetto ad un altro, come nelle faglie dirette e nemmeno un sovrascorrimento di rocce più antiche sopra le più giovani, dovete immaginarvi due blocchi di roccia in contatto tra loro che scorrono l’uno rispetto all’altro. Le faglie di trasferimento sono faglie trascorrenti di importanza regionale che connettono settori a diverso grado di estensione o di sovrascorrimento (come nel nostro caso), come se fossero dei “link” tra una frattura e l’altra. Doglioni fa notare, come a poche decine di metri ad est del rif. Dal Piaz, si possano individuare una serie di faglie ad alto angolo, interpretate come faglie di trasferimento createsi durante la fase di deformazione compressiva Alpina. Queste fratture sarebbero responsabili del notevole salto strutturale e morfologico costituito dalla dorsale del monte Avena e di p.sso Croce d’Aune, inoltre sarebbero in continuità con la faglia di trasferimento della linea di Tezze, la quale passa poco più ad est del monte Avena. Per concludere, dobbiamo dire che molte delle strutture che abbiamo visto, come ad esempio alcuni sovrascorrimenti, non sono statiche e immobili dai tempi della loro formazione, ma lungo quelle fratture le rocce continuano a muoversi, anche se non in maniera umanamente percettibile. Tramite l’utilizzo della tecnologia GPS, si è potuto constatare che l’area delle nostre Vette subisce un raccorciamento di circa 2 mm/anno, dunque 2 km ogni milione di anni pari a un raccorciamento di 20 km per gli ultimi 10 milioni di anni!


 

Bibliografia:

L, D’ALBERTO, A. BOZ, C. DOGLIONI, Structure of the Vette Feltrine (Eastern Southern Alps), in ” Mem. Sci. Geol”, n. 47, Padova 1995, pp. 189-199.

C. D’AMBROGI, C. DOGLIONI, Struttura delle Vette Feltrine, in “Rendiconti online Soc. Geol. It”, n. 4, 2008, pp. 37-40.

HAAKON FOSSEN, Structural Geology, seconda edizione,University Printing House, Cambridge CB2 8BS, United Kingdom, marzo 2016.

D. GIORDANO, L. TOFFOLET, Il paesaggio nascosto, Santa Giustina (BL), Parco delle Dolomiti Bellunesi, 2002.

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Vittore PerenzinVITTORE PERENZIN: Geologo, appassionato di fossili e minerali.

 

Pubblicato da Vittore Perenzin

Geologo e appassionato di fossili e minerali.