LA VAL BELLUNA ,IPOLYTARNOC E MUCIN: UN VIAGGIO NEI MARI DI 20 MILIONI DI ANNI FA

Uno strano titolo vero? Dovete sapere che tutto parte da una pubblicazione di Silvio Vardabasso, un geologo italiano ( 1891-1966), che tratta delle ittiofaune fossili contenute all’interno delle arenarie mioceniche di Belluno. Questa pubblicazione mi è stata gentilmente donata da Massimo Marcer, che ringrazio molto. Da questo studio si può apprendere che molti fossili contenuti nelle rocce più recenti del Bellunese e Feltrino, sono resti di pesci e in particolare squali, razze e sgombridi; noi però focalizzeremo la nostra attenzione sui resti degli squali, che non sono altro che i loro denti e qualche vertebra. Ma torniamo a noi, cosa centrano Ipolytarnóc e Mucín, uno un comune a nord dell’Ungheria e l’altro a sud della Slovacchia ( per altro molto vicini geograficamente)?  Un giorno, mentre stavo ricercando delle informazioni in rete riguardanti i resti fossili degli squali miocenici, mi sono imbattuto in altre due pubblicazioni che trattavano proprio dei ritrovamenti fatti in questi due posti dell’est Europa. La cosa sorprendente era che le specie di squalo ritrovate nel Bellunese sono presenti anche in quelle province e soprattutto, sono della stessa età! Prima di parlare dei fossili però, sarebbe meglio dare uno sguardo complessivo alla geologia, sia delle due zone dell’est, che del Bellunese ( ovviamente per quanto riguarda le formazioni che contengono i suddetti fossili).

L’Europa 20 Milioni di anni fa…

I denti di squalo provenienti da Ipolytarnóc, sono contenuti all’interno della formazione di Pétervására, un’arenaria le cui sabbie si sono depositate in condizioni di mare poco profondo vicino alla costa. L’età della formazione è da riferirsi al Burdigaliano ( più in particolare ad una sua prima suddivisione: L’Eggemburiano, 20,5- 18,8 milioni di anni fa).  A Mucín invece, troviamo la formazione di Fil’akovo, composta da sedimenti marini di età sempre Eggemburiana. Essa si può suddividere in cinque sottounità litologiche, di queste, quella che a noi interessa per il contenuto di denti di squalo è l’arenaria di Lipovanyuna roccia grigia che se esposta alle intemperie può assumere colorazioni dal marrone, al verde-marroncino all’arrugginito. In questa arenaria si trovano interstratificazioni di siltiti, di tufiti riodacitiche, di conglomerati e anche di ciottoli dispersi. Infine, spostandoci nella nostra vallata, una roccia fossilifera di età Burdigaliana è senz’altro la marna di Bolago, interpretata come un deposito di piattaforma esterna con spessori, a volte, di 120 metri ( vedi qui ). Tutte queste rocce si sono formate in un contesto particolare, ovvero si sono depositate in un mare prossimo a delle catene montuose. Per la marna di Bolago la catena montuosa è costituita dallo scudo delle Alpi, mentre per quanto riguarda le altre due ci si riferisce alla catena dei Carpazi e l’antico mare che li circondava si chiamava Paratetide. Qui sotto ho messo una paleoricostruzione dell’Europa ai tempi del Burdigaliano, come potete vedere i confini delle terre attuali ancora non esistevano e le Alpi e i Carpazi sono circondati dal mare. Quelle specie di triangolini neri rappresentano le località fossilifere, da Montpellier, passando per il bacino della molassa Svizzera, Bavarese e Austriaca fino ad arrivare alle due località dell’est. Una piccola divagazione: quell’isoletta che vedete appena sotto le Alpi, altro non è che la zona di isole vulcaniche rappresentata dai colli Euganei, quindi noi ci trovavamo lungo la costa delle montagne più a nord.Fig-7-Lower-Miocene-paleogeog-raphy-after-Rogl-1998-modified-at-Rhine-Graben-after

Gli squali in comune

Passiamo ora ad elencare le famiglie, i generi e specie in comune tra Bellunese e le due zone dell’est Europa. Per quanto riguarda le famiglie abbiamo quelle dei Lamnidae, dei Carchariidae e degli Hexanchidae. Prendiamo per prima, in analisi la famiglia dei Lamnidae, le forme fossili ascrivibili a questa ( e presenti sia qui che li) sono: Carcharocles auriculatus, Carcharocles megalodon, Odontaspis cuspidata, Odontaspis acutissima, Isurus desori e Isurus hastalis.

Carcharocles auriculatus: I denti di questa specie ( come del resto il megalodon) sono molto caratteristici, in quanto arrivano a superare i 12 cm di lunghezza, questi squali erano enormi e quindi i principali predatori dei mari dell’epoca. Il dente ha una forma triangolare con i margini lievemente convessi ( denti dell’arcata superiore) e seghettati, la faccia esterna è piana mentre quella interna è convessa, la radice è formata da due branche divaricate e all’inizio del dente, in prossimità dei due margini sono presenti due piccole cuspidi ( come dei piccoli dentini accessori). Il megalodon a differenza dell’auriculatus non presenta più le cuspidi, infatti questo squalo lo possiamo considerare un’evoluzione dell’auriculatus.chubutensis

Odontaspis cuspidata: Di dimensioni molto minori rispetto al precedente, ha una forma molto slanciata, a spillo e flessuosa. La faccia esterna è quasi piana e l’interna convessa, i margini sono affilati fin presso la base, presenti le cuspidi in quasi tutti. La radice è a due branche divaricate e rigonfia nella parte interna dove si può osservare un solco verticale.cuspidata

Odontaspis acutissima: Ha denti ben più piccoli rispetto alla cuspidata, la corona ha un andamento più flessuoso e slanciato che la rende molto acuta. La faccia esterna liscia è appena inarcata, mentre quella interna è convessa e solcata da una ventina di sottili strie lievemente ondulate. Verso la base la corona diventa subcilindrica e passa ad una radice a due branche divaricate ma brevi, anche qui rigonfie sul lato interno.Odontaspis-acutissima

Isurus hastalis: I denti hanno le due facce più o meno egualmente piane con margini taglienti, la punta ( nelle due dimensioni) è un po’ ricurva quindi la corona non forma un triangolo isoscele. I denti più grandi possono raggiungere i 5-6 cm.c_hastalis_dentition_sm

Isurus desori: Tutti hanno la caratteristica forma con andamento ondulato e l’apice rivolto all’infuori, sulla faccia esterna debolmente convessa, due depressioni accompagnano i margini rendendoli taglienti, mentre l’interna è molto rigonfia, tanto che alla base i singoli denti hanno un contorno semicircolare. La radice è a due branche divaricarte.isurus desori

Famiglia Carchariidae: Hemipristis serra, Galeocerdo aduncus.

Hemipristis serra: Specie con dei denti molto particolari, a forma di becco con margini seghettati ben evidenti. I singoli dentelli, più sviluppati sul margine incavato, vanno diminuendo di grandezza verso la base. La radice è ampia e breve e un po’ rigonfia verso la parte centrale della faccia interna ed è separata dallo smalto per mezzo di una linea ad angolo ottuso. questa specie è molto diffusa nel Miocene, rarissima invece nel Pliocene.hemipristis serra

Galeocerdo aduncus: Altra specie dai denti caratteristici, la corona principale è rivolta all’indietro come una sorta di uncino ed ha i margini lievissimamente seghettati, subito sotto “l’uncino” troviamo un’altra parte seghettata che diminuisce progressivamente di dimensioni dall’interno verso l’esterno. La faccia esterna del dente è piatta, l’interna è un po’ rigonfia. Un genere di galeocerdo attualmente vivente è il Galeocerdo cuvier, noto anche come squalo tigre.Galeocerdo-aduncus-Miocene-1

Famiglia Hexanchidae: Notorinchus primigenius

Notorinchus primigenius: Specie con marcata eterodonzia ( grande differenza tra denti dell’arcata superiore con quelli dell’arcata inferiore). Per quanto riguarda quelli dell’arcata inferiore, hanno una forma di pettine, la corona è divisa in cinque piccoli dentelli di grandezza rapidamente decrescente e con inclinazione progressivamente maggiore da avanti a indietro. La radice è unica ( come una lama) e separata dalla corona da una linea retta su ambedue i lati, a volte il margine anteriore del dentello principale è seghettato alla base.notidanus

Conclusioni…

Le specie che ho elencato, nei mari di oggi non esistono più, tuttavia di alcuni generi, possiamo trovare degli esemplari viventi. Per esempio nel genere Isurus, si annovera l’oxirynchus ( detto squalo mako) e il paucus, tra l’Odontapsis abbiamo il ferox ( lo squalo toro), ancora, nel Galeocerdo, il cuvier ( il tigre). E’ interessante notare come queste specie popolino acque sia tropicali e subtropicali che, in parte, temperate. In questi tre studi di zone diverse, gli autori giungono ad una conclusione comune per quanto riguarda la situazione paleoambientale e paleoclimatica. I generi fossili trovati sarebbero da attribuirsi ad acque caldo-temperate e subtropicali con diretti legami a quelle tropicali ( vista la conformazione paleoambientale e la latitudine dell’epoca), inoltre, molti di questi generi ( basandosi su quelli attuali) sarebbero di ambiente costiero. Ciò sarebbe un’ulteriore conferma della nostra posizione geografica circa 20 milioni di anni fa.

 

Bibliografia:

SILVIO VARDABASSO, Ittiofauna della arenarie Mioceniche di Belluno, Società Cooperativa Tipografica, Padova, 1922.

PETER HOLEC, MIROSLAV HORNÁCEK, MILAN SYKORA, Lower Miocene Shark ( Chondrichthyes, Elasmobranchii) and Ehale Faunas ( Mammalia, Cetacea) near Mucin, Southern Slovakia, in ” Geologicky ustav Dionyza Stura”, n. 100, Bratislava 1995, pp. 37-52.

LÁZLÓ KOCSIS, Central Paratethyan shark fauna ( Ipolytarnóc, Hungary), in ” Geologia Carpathica”, 2007.

 

referenze fotografiche: foto dalla prima all’ultima tratte rispettivamente da:  pubblicazione di Lazlo Kocsis, carnivora forum, Les FoSSILES de FALUNs de BRETAGNE-overblog, stessa pagina, Alchetron, Le blog de PALEONTOFILIS-overblog, Pathfossils, users skynet.be, Mineralientlas Lexikon.

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Vittore PerenzinVITTORE PERENZIN: Geologo, appassionato di fossili e minerali.

Pubblicato da Vittore Perenzin

Geologo e appassionato di fossili e minerali.