L’ERA DEI GHIACCI

Come mai la Valbelluna ha questa forma ad “U”? Perché certe valli hanno le pendici molto erte per poi avere i dislivelli in quota più dolci? Queste sono due domande introduttive, che magari tutti noi ci siamo è posti prima o poi osservando, magari da un punto alto, la nostra valle. La caratteristica forma ad “U” è dovuta a dei fenomeni che hanno interessato la zona alpina (ma non solo) nel arco dell’era geologica del PLEISTOCENE.

Quaternario

Il pleistocene era un periodo, dal punto di vista climatico, difficile; a differenza dell’attuale Olocene (che ha una tendenza all innalzamento della temperatura dovuto a cause umane). Era caratterizzato da temperature molto basse; difatti in questo periodo si sono verificate le ultime quattro GRANDI GLACIAZIONI, note in letteratura come Günz, Mindel, Riss e Würm( i nomi che derivano da degli affluenti del Danubio). Ma a quale daremo maggior peso in questo articolo? Per ora, ci concentreremo sull’ultima, la Würm, che ha lasciato i segni più evidenti nel paesaggio, questa,nel mondo accademico viene anche definita ULTIMO MASSIMO GLACIALE. Tengo a precisare che tra il 1500 e il 1800 si è verificata la piccola era glaciale, che nelle nostre aree aveva riportato in vita alcuni ghiacciai destinati allo scioglimento.
Würm copre un periodo che va da 110.000 a 9.700 anni fa, ovviamente non sempre con la stessa intensità, ma alternando momenti di progressione dei ghiacciai e di regressione; questa continua variazione comportava movimenti di terreno (depositi morenici), formazione di laghi, piante pioniere che conquistavano terreno e animali adatti ai climi freddi che occupavano e abbandonavano le nuove aree, umani compresi. La valle del Piave era una immensa lingua glaciale, che riceveva altre lingue glaciali dal Cordevole, Cismon (attraverso il Passo Croce d’Aune), Val Canzoi, Mis etc. e si sfogava lungo la stretta di Quero buttandosi nella pianura, così anche più a est, passando nella zona dell’attuale Vittorio Veneto, dove sono visibili le morene (collinette) würmiane (ma non solo). Ovviamente considerando una lingua glaciale non si deve immaginare un corpo di poche decine di metri, anzi, nella zona del feltrino l’altezza dalla lingua glaciale è stata stimata di 900-1000 metri di quota, quindi dobbiamo immaginarci un corpo di ghiaccio compatto ed in movimento di oltre 600 metri sopra la città di Feltre, che poi incanalandosi nella stretta valle del Piave e proseguendo verso il trevigiano andava calando.

feltrino ghiacci

Tuttavia è un livello ancora basso se pensiamo che sopra Trento ve ne erano 1000 di metri , e il ghiacciaio del Cismon, superata la strettoia tra il monte Coppolo e il monte Tavernazzo arrivava ad una quota stimata di 1100 metri, potendo così risalire il Passo Croce d’Aune e lasciare dei detriti riconoscibili composti di porfido e granito provenienti dalla zona del Vanoi e del Primiero. Ma non solo, pensiamo alla Val Senaiga, dove si innestava una lingua glaciale proveniente da Castel Tesino attraverso la Val Rodena di circa 1300-1400 metri, una vera e propria montagna di ghiaccio che si immetteva in quello del del Senaiga. Dobbiamo pensare che alcune zone emergevano dai ghiacci ( quelle oltre i mille metri di quota), non era zone molto ospitali, con temperature al di sotto dello zero, coperte di neve e con forti venti che trasportano loess, cioè sedimenti molto sottili, dell’ordine del limo, andando a creare la futura copertura dei pianori, come sul monte Avena. Nel loro scorrere, i ghiacciai portavano da monte a valle una quantità ENORME di detriti di svariate dimensioni, dai famosi massi erratici a depositi di argille o di diamicton (sedimento di varia granulometria che non ha subito una classazione), questi sedimenti possono essere rilasciati frontalmente (morena frontale) o nei lati(morene laterali), una volta mancato il sostegno, quest’ultime, tendono a franare con estrema facilità creando sbarramenti e di conseguenza dei laghi o se riescono a cementarsi a creare dei terrazzi, come quelli di Lamon, Sorriva e Quero, e se questi terrazzi subiscono l’erosione dagli agenti atmosferici si possono avere delle piramidi di terra (vedi: http://sassruisfeltre.altervista.org/piramidi_di_terra/).

Parte del carta geologica che mostra la zona di Lamon e Sovramonte ma anche i depositi della valle di Lamen.
Parte del foglio geologico di Feltre che mostra la zona di Lamon e Sovramonte ma anche i depositi della valle di Lamen e Lasen.
parte del foglio di Bassano dove si vede il deposito morenico di Quero.
parte del foglio geologico di Bassano dove si vede il deposito morenico di Quero.

I depositi delle morene sono costituiti da materiali geologici non locali, come rocce ignee trentine e metamorfiche agordine; di solito questi ciottoli tendono ad avere una forma molto riconoscibile, hanno una faccia piana, che era a contatto con il terreno e una convessa,che non ha subito deformazioni.

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Fin’ora ci siamo soffermati sul aspetto generale di un ghiacciaio e sui suoi sedimenti, ma nei colli o nelle Vette, cosa possiamo notare? Un bellissimo esempio è il monte Telva, il quale ha una morfologia tipica dei pendii che hanno subito una erosione da parte di ghiacciai, con un versante (verso nord) con una pendenza dolce e l’altro (verso sud) molto erto, il colle di Cart invece, è “arrotondato“, presentando delle morfologie dolci. Nelle Vette vi sono molti esempi di morfologia glaciale, noi ora prenderemo in esame una zona conosciuta e con caratteristiche peculiari: la Busa delle Vette.

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Se si osserva, si vede che la busa ha un aspetto circolare, quasi come un circo, un anfiteatro, come del resto anche la busa di Monsampian; è circondata infatti da pareti verticali di Rosso Ammonitico e ha un fondo subpianeggiante, indice di erosione e peso dei ghiacci. Il ghiacciaio da li, scendeva quindi prima gradatamente e poi con un brusco dislivello, fino alle valle di Lamen, immettendosi nel ghiacciaio del Piave. Per concludere, la valle di Lamen, come anche la Busa di Cavaren e Malga Pietena sono tutte delle valli sospese, cioè che al loro limite vi è una discesa molto ripida o un vero e proprio salto nel vuoto, anche questo è un indice di erosione. Possiamo solo con la fantasia immaginarci quel paesaggio preistorico o avere la fortuna di vedere le nuvole basse e compatte dal alto dalle vette, che possono darci un po’ l’idea della maestosità di quei ghiacci, ora del quasi del tutto scomparsi.

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Bibliografia:

1. BROGLIO A., MONDINI C., VILLABRUNA A. BIANCHIN CITTON E. & BONOMI S. 1992. Immagini dal tempo: 40.000 anni di storia in Provincia di Belluno.
2. IVY‐OCHS, S., KERSCHNER, H., REUTHER, A., PREUSSER, F., HEINE, K., MAISCH, M. & SCHLÜCHTER, C. 2008. Chronology of the last glacial cycle in the European Alps. Journal of Quaternary Science, 23(6‐7), 559-573.
3. MONDINI C.2013 Preistoria, in Belluno, storia di una provincia dolomitica a cura di Conte P., FORUM Editrice universitaria udinese srl, Udine,34-36
4. TESSARI F. 1973. Geomorfologia del bacino di Lamon, Val Cismon, Alpi Dolomitiche. Museo Tridentino di Science Naturali.

 

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Mattia CurtoMATTIA CURTO: Studente di Beni Culturali, indirizzo archeologico presso l’Università degli studi di Trento, socio del Fondaco per Feltre e cofondatore del gruppo Sass Ruis. Grande appassionato di archeologia e paleontologia.

Pubblicato da Mattia Curto

Studente di Beni Culturali, indirizzo archeologico presso l'Università degli studi di Trento, socio del Fondaco per Feltre e cofondatore del gruppo Sass Ruis. Grande appassionato di archeologia e paleontologia.