UN GIRO A CROCI DI SANZAN

Ciao a tutti!! Dopo un po’ di tempo sono ritornato a farmi vivo :), questa volta mi soffermerò sulla zona del basso Feltrino, in particolare nell’ambito dell’abitato di Croci, sopra Sanzan. La scorsa domenica pomeriggio, ho deciso di dirigermi verso sud, per esplorare quei posti della val del Piave che mai fino ad ora, avevo visitato con attenzione, così, ho preso la macchina e sebbene la giornata fosse uggiosa,  sono andato verso la strada Feltrina. C’è da dire, che più di una volta, Mattia aveva accennato ad un piccolo aggregato di case che si trovava sopra Sanzan, chiamato Croci, dunque incuriosito, prima di partire ho controllato su Google Maps e ho notato che c’era una stradina appena sulla destra della principale che si inerpicava su per il versante sud del Tomatico e che conduceva proprio li. Arrivato sul posto, ho parcheggiato la macchina all’interno di un piccolo spiazzo erboso e poi mi sono diretto a piedi su per la suddetta stradina sterrata, dopo un po’ si arriva in prossimità di un bivio e se si procede a destra si va appunto a Croci. Dalla lettura di alcune pubblicazioni mi aspettavo che in quelle zone affiorasse la formazione di Igne, (vedi qui), una successione di marne grige e calcari marnosi selciferi del Giurassico inferiore-medio ( Toarciano- Aalaeniano 190 180 Ma.). Come avevo scritto in precedenti articoli ( ad esempio qui), a quell’epoca la nostra zona era sommersa dal mare e dove ora si trova Feltre ma anche Belluno, c’era un braccio di mare profondo che si insinuava tra due zone tettonicamente rialzate chiamate piattaforme, era il bacino di Belluno. Ora, senza addentrarci nella descrizione della situazione paleogeografica dell’epoca, diremo solo che la f.ne di Igne si è depositata proprio all’interno del bacino di Belluno e come tale, è un formazione bacinale con sue peculiari caratteristiche. Tornando al nostro bivio per Croci e proseguendo per quello, dopo duecento metri  ho iniziato ad intravvedere i primi affioramenti della formazione, man mano che proseguivo si faceva sempre più potente (incremento di spessore), qui di seguito metterò delle foto corredate di note esplicative:

In questa prima foto si possono notare le stratificazioni di questa formazione sedimentaria bacinale e alla base un orizzonte di marne grige testimone di un ambiente anossico ( senza ossigeno). Ora osserveremo gli strati più in dettaglio.

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Come vi dicevo, si possono vedere strati di marne grige, spessi da 30 a 50 cm che sono appunto testimoni di un ambiente senza ossigeno ( come l’orizzonte Bonarelli) dove la materia organica non riusciva a decomporsi del tutto e per questo ha rilasciato residui carboniosi, responsabili della colorazione della roccia. Questi orizzonti sono testimoni della profondità del bacino oltre che della scarsa circolazione delle correnti nel suo fondo.

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Oltre che questi strati grigi, testimoni di condizioni anossiche lo sono anche i numerosi noduli di solfuri che si trovano disparsi su tutti gli strati della formazione e che risaltano grazie al colore rossiccio dovuto all’ossidazione superficiale. Dovete sapere che se sul fondo del mare non vi è ossigeno, allora la decomposizione della materia organica che eventualmente vi si può trovare, avviene ad opera di batteri anaerobi ( cioè che non utilizzano O2) e di conseguenza si produrrà un ambiente acido con abbondanza di acido solfidrico ( H2S), il quale a sua volta viene fissato nel sedimento sotto forma di minerali solfuri come pirite e marcasite (Fe2S).

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Un’altra caratteristica che salta subito all’occhio, è la presenza di strati di diverso spessore, si va da strati medio- spessi ( 30, 40 cm) a lamine sottili e medie ( 1, 5 cm). Nella maggior parte dei casi gli strati medio spessi contengono una frazione di carbonato di calcio maggiore rispetto alle lamine più argillose e quindi risultano più compatti e meno erodibili. La presenza di lamine indica che il fondo non era disturbato da correnti e neanche da eventi quali frane sottomarine, inoltre, non era obliterato da organismi setacciatori di fango che avrebbero potuto creare bioturbazioni. Il maggior o minor spessore di ogni singolo strato può indicare originariamente una diversa velocità di sedimentazione delle particelle che costituiscono la roccia, è possibile che un grosso strato si sia depositato in un tempo minore rispetto ad una lamina ad esempio.

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Più ci si avvicina a Croci, più lo spessore di tutta la formazione viene a nudo, arrivando a potenze ragguardevoli.

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Di tanto in tanto si possono notare altre particolarità, come ad esempio una moderata nodularità degli strati, dovuta alla dissoluzione per pressione del carbonato contemporanea alla deposizione, processo simile a quello avvenuto nel Rosso Ammonitico. Ancora, ben visibili sono delle piccole lenti di selce, materiale siliceo derivato da gusci di radiolari depositatisi sul fondo.

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Qui invece possiamo osservare una morfologia generata da erosione differenziale, ovvero, rocce più dure resistono maggiormente agli agenti atmosferici rispetto a rocce più morbide, le quali tenderanno a “rientrare”. Di lato poi, una geode con cristalli di calcite, osservata all’interno di una faglia.

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In fine, sono arrivato a Croci, paesino davvero suggestivo da cui si può godere di un panorama davvero mozzafiato.

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Alla Prossima!!

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Vittore PerenzinVITTORE PERENZIN: Geologo, appassionato di fossili e minerali.

 

 

Pubblicato da Vittore Perenzin

Geologo e appassionato di fossili e minerali.