LA DOLOMITIZZAZIONE

La Dolomia… questa roccia, senz’altro particolare ( vedi qui ), rappresenta uno dei litotipi che si possono trovare molto di frequente in provincia di Belluno, inoltre, lo spessore delle sue successioni sedimentarie è notevole, superando non di rado i 1000 metri. Dovete sapere che nella nostra provincia si possono trovare diversi tipi di dolomie, tutte con un nome e età diversa, per esempio nel distretto delle Dolomiti esiste la Dolomia dello Sciliar, che è una roccia del Ladinico ( da 237 a 228 Milioni di anni fa), è molto famosa in quanto costituisce gli atolli corallini pietrificati dello Sciliar, delle Pale di San Martino, del Catinaccio e di altre montagne note. Tra molte altre, abbiamo poi la Dolomia principale, roccia del Norico ( da 216 a 203 Milioni di anni fa circa), formatasi in un ambiente di piana di marea e che costituisce montagne come il Civetta, L’Antelao e il Pelmo ( in parte) e per restare nel nostro territorio, il Sass de Mura. La Dolomia Principale la troviamo anche alla base delle Vette Feltrine, è la roccia più antica presente nel territorio feltrino. Dunque, rocce formatesi in ambienti deposizionali molto diversi tra loro, come scogliere coralline e piane di marea, che però sono quasi del tutto uguali… come è possibile? E’ chiaro che, sia in un caso che nell’altro, sia successo qualcosa non la momento della deposizione del sedimento, ma poco dopo, vediamo cos’è questo qualcosa.SASS-DE-MURA-dolomiti

La formazione della dolomite

Come sappiamo, la dolomite è un minerale appartenente al gruppo dei carbonati, più precisamente si tratta di un carbonato doppio di calcio e magnesio ( MgCa(CO3)2). Ipotizzando di poter osservare la sua struttura atomica, osserveremo che tra linee di gruppi (CO3)2-, vi sono alternate sequenze di ioni calcio e sequenze di ioni magnesio, organizzate in una struttura molto ordinata, la calcite invece ( CaCO3) tra le linee ha solamente gli ioni calcio. La dolomite quindi si origina da una parziale sostituzione di ioni calcio con ioni magnesio. In questo processo dobbiamo tirare in ballo fluidi, condizioni ambientali particolari e zone del sottosuolo. C’è da dire, che molti studi sono stati fatti e vengono tutt’ora fatti per comprendere appieno la dolomitizzazione e per spiegare l’esistenza delle dolomie , gli scienziati si rifanno ad ambienti di sedimentazione attuali, esistenti ad esempio nel Golfo Persico, piuttosto che alle Baahamas al fine di ricavarne il maggior numero di informazioni possibile per formulare ipotesi plausibili. Possiamo avere dolomitizzazione in condizioni ipersaline ( acqua molto salata), oppure in zone del sottosuolo dove si incontrano acque meteoriche con acque marine ( condizione schizoaline), ancora, alghe e batteri possono dare un contributo importante al processo. Prima di parlare dei processi e dei loro meccanismi di azione, dobbiamo distinguere due tipi di dolomie: le dolomie primarie e quelle secondarie. Le primarie sono rarissime, in queste rocce abbiamo subito la formazione della dolomite, la quale, precipita in maniera diretta da una soluzione ipersalina, le secondarie invece, sono le più comuni e anche quelle che ci riguardano maggiormente, in quanto, tutta la dolomia presente nel nostro territorio è di origine secondaria, cosa vuol dire però la parola secondaria? vuol dire che derivano da una roccia che dolomitica non era, ma che lo è diventata in seguito, in origine la roccia era costituita da calcite o aragonite e per ricollegarci al discorso sulla struttura del minerale c’è appunto stata una parziale sostituzione di ioni calcio con ioni magnesio. Nel corso degli anni, si è capito che la dolomitizzazione non è una reazione che avviene allo stato solido, ma si attua mediante dissoluzione della calcite nel sedimento sciolto e simultanea precipitazione di dolomite da una soluzione acquosa ricca di magnesio che attraversa il sedimento. Tuttavia perchè la dolomitizzazione si verifichi, è necessario che la soluzione contenga un rapporto elevato di ioni magnesio su ioni calcio ( matematicamente vuol dire che al numeratore il numero degli ioni magnesio deve essere più grande rispetto al numero degli ioni calcio al denominatore) e anche un meccanismo in grado di far fluire, attraverso il sedimento, per il tempo necessario un volume sufficiente di soluzione magnesiaca. Dunque, un rapporto elevato di ioni potrebbe essere presente in acque ipersaline, le acque ipersaline si possono formare per evaporazione in ambienti aridi, come ad esempio le Sabkha algerine, che sono delle piane retrostanti a lagune.sabkha In queste zone la forte evaporazione crea una risalita verso la superficie delle  acque presenti nel sedimento, abbiamo un pompaggio evaporitico che innesca un gradiente idraulico dal basso verso l’alto, indotto dalla forte caduta di pressione che si verrebbe a creare nei pori del sedimento per evaporazione delle acque interstiziali. La perdita d’acqua per evaporazione è rimpiazzata dalla continua introduzione dal mare, bisogna dire che l’evaporazione ha l’effetto di lasciare una salamoia interstiziale con salinità 5-6 volte superiore a quella dell’acqua di mare e con rapporti ione magnesio su ione calcio di 40:1! modello sabkhaNelle Sabkha si osservano spesso anche depositi di gesso, il gesso è un minerale che facilita la formazione della dolomite perchè utilizza il calcio per formarsi, il quale è presente nelle salamoie e se dunque viene “utilizzato” per la formazione del gesso, capite che il rapporto magnesio calcio si alza ancora di più, poi la formazione del gesso, rimuove dalle salamoie lo ione solfato che  che inibisce la formazione di dolomite. Secondo Folk e Land la dolomite si formerebbe più facilmente in condizioni di ridotta salinità, in particolare, in un ambiente schizoalino dove si miscelano acque meteoriche dolci con acque marine. Diluendo acqua marina salata con acqua dolce si riduce la salinità, ma si mantiene inalterato il rapporto magnesio calcio, consentendo una cristallizzazione lenta con formazione di grandi cristalli.FormaDolomia Secondo questo modello, negli ambienti ipersalini vi sono molti ioni interferenti tra loro oltre che con il magnesio e la precipitazione è abbastanza rapida, è difficile quindi che la dolomite si formi perchè, come ricorderete, necessita di una precisa segregazione degli ioni in posizioni ordinate, si può formare solo se il rapporto magnesio/calcio è maggiore di 5/1 o 10/1 e anche se si forma si avranno piccoli cristalli malformati. Il modello delle Sabkha attuali spiegherebbe in parte la formazione della dolomia principale, sedimenti calcarei depositatisi in un ambiente di piana di marea e poi dolomitizzati grazie anche ad elevate temperature, ma per quanto riguarda le varie piattaforme coralline delle dolomiti, in che modo si sono potute trasformare in dolomia se in origine erano delle grandi costruzioni di alghe e coralli calcarei? A questa domanda ci può venire in aiuto il modello del riflusso.CARBONATIC_PLATFORM Questo modello prevede l’esistenza di una piattaforma carbonatica bordata da barriere marginali (siano esse barre litorali, scogliere coralline ecc.) che racchiudono lagune interne. Se il clima è arido, nei settori più interni delle lagune, dove l’acqua è più bassa,  sempre per evaporazione si concentrerebbero salamoie ipersaline, che per gravità tenderebbero a rifluire verso il mare, come? utilizzando vie preferenziali del sottosuolo quali giunti di strato e zone permeabili delle scogliere coralline calcaree, dolomitizzandole. La presenza delle barriere marginali impedirebbe all’acqua marina di entrare nella laguna consentendo un accumulo indisturbato dei sali nelle parti più depresse della zona. Se con i meccanismi in atto nelle sabkha abbiamo una risalita di fluido per pompaggio evaporitico, con il riflusso c’è una discesa messa in atto dalla gravità. Concludo dicendo, che dei due modelli di dolomitizzazione in voga, quello schizoalino sembrerebbe in larga parte congetturale (non vi sono corrispondenti attuali), mentre quello ipersalino è basato su studi di ambienti che esistono veramente e che si possono vedere, inoltre, un altro fattore che sembra giochi un ruolo importante è la subsidenza ( lo sprofondamento dei sedimenti nel sottosuolo), infatti sottoterra le temperature più alte favorirebbero il processo.

 

Bibliografia:

A. BOSELLINI, E. MUTTI, F. RICCI LUCCHI, Rocce e sucessioni sedimentarie, Torino, UTET, 2000

Referenze fotografiche: Foto intestazione ( www.science.unitn.it), foto Sass de mura ( abc DOLOMITI.com), foto sabkha ( Geocaching), foto modello sabkha ( Alex Strekeisen), foto barriera ( Wikipedia)

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Vittore PerenzinVITTORE PERENZIN: Studente di geologia, appassionato di fossili e minerali.

Pubblicato da Vittore Perenzin

Geologo e appassionato di fossili e minerali.